Come al solito moda, design e agroalimentare, cioè il collaudato made in Italy, ma adesso anche (e soprattutto) meccanica e componentistica. Sono questi i settori in salute della nostra economia, almeno nell’ottica di una valutazione ristretta ad alcune regioni del Nord e alle esportazioni con l’estero.
Le previsioni di Unioncamere e Prometeia (istituto che si occupa di ricerca e analisi macroeconomica) fanno capire chiaramente che l’impulso della domanda estera, che crescerà di un sostanzioso 3,7%, giocherà un ruolo essenziale per il nostro Paese nell’anno che è iniziato. Insomma, hanno ragione quelle imprese che, seguendo la dinamica delle produzioni degli altri contesti europei, hanno puntato sulla specializzazione e che sono arrivate a costituire, di fatto, una sorta di unico distretto industriale extra-nazionale con analoghe imprese di Francia e Germania. Queste imprese, in Italia, sono localizzate prevalentemente in regioni come la Lombardia, l’Emilia-Romagna e il Piemonte, il cui prodotto interno potrebbe crescere anche dell’1,2%, cioè con una marcia decisamente diversa rispetto al resto del Paese.
Una delle cause più importanti di questa vera e propria “frattura” starebbe proprio nel diverso approccio al mercato. Di conseguenza, chi continua a vivere solo di mercato interno non può non pagare conseguenze negative e restare isolato rispetto al compattamento che stanno realizzando le imprese lombarde, emiliane e piemontesi, ad esempio con quelle “sorelle” dell’area di Tolosa e Lione o del Reno. E’ chiaro che se queste imprese, grazie alle esportazioni e alla internazionalizzazione, in qualche modo hanno retto anche nella fase cruciale della recessione italiana, oggi non possono che correre spedite in considerazione dei primi concreti segnali di ripartenza del mercato europeo. Tutto questo non contribuirà ancora a far rialzare gli indici dell’occupazione, ma certamente aiuterà a guardare al futuro con rinnovata fiducia.
Ma quali sono i prodotti esportabili, quelli che sollecitano gli appetiti delle altre imprese e dei mercati europei? Come detto, innanzitutto prodotti elettrotecnici e meccanici (soprattutto per l’industria aerospaziale francese), ma anche pelle, ceramica, alimentari. Il portafoglio ordini delle imprese di questi settori – sempre che abbiano un minimo di presenza all’estero e dimestichezza con le esportazioni – è abbastanza consistente e, salvo imprevisti, il 2014 dovrebbe essere finalmente l’anno della inversione di tendenza. Cosa dovrebbe fare il Mezzogiorno? Aprirsi all’estero, affacciarsi ad altri mercati e internazionalizzarsi. Moltissime imprese nelle regioni meridionali, del resto, hanno tutte le carte in regola per affermarsi dove già lo hanno fatto quelle settentrionali.