Come funziona la quietanza liberatoria

La quietanza liberatoria rappresenta l’altro volto della ricevuta di pagamento ed è fondamentale comprendere la sottile differenza tra i due documenti e il modo corretto di redigerli. In sostanza, mentre la ricevuta di pagamento attesta l’avvenuto versamento di una somma di denaro a copertura di un credito – ad esempio, quando un inquilino paga il canone mensile o un fornitore riceve il pagamento di una fattura – la quietanza liberatoria è la dichiarazione formale con cui il creditore, avendo ricevuto il denaro, libera il debitore da ogni ulteriore obbligo relativo a quel pagamento. Le due dichiarazioni sono intimamente correlate e, nella pratica, spesso si fondono in un unico atto, anche se è importante saperle distinguere ai fini legali e probatori.

Il concetto di ricevuta di pagamento è semplice: essa documenta il trasferimento di denaro da un soggetto a un altro, attestando che il creditore ha ricevuto una somma determinata, parziale o totale, per adempiere a un obbligazione contrattuale. Tuttavia, da sola essa non esplicita la liberazione definitiva del debitore, che potrebbe essere ancora vincolato all’adempimento di ulteriori obblighi se non vi fosse una dichiarazione complementare. Ed è proprio qui che interviene la quietanza liberatoria. Con questa dichiarazione, il creditore afferma esplicitamente che, a fronte del pagamento ricevuto, il debitore è considerato liberato da qualsiasi ulteriore pretesa riguardante quel determinato credito. In altre parole, la quietanza serve a evitare ambiguità o future contestazioni, specificando la causa del pagamento e confermando che il debito è stato estinto.

Il documento viene rilasciato dal creditore, che ha il dovere di redigere la quietanza in modo chiaro e formale, solitamente su supporto cartaceo, anche se oggi è possibile avvalersi di strumenti digitali come la PEC o documenti elettronici firmati digitalmente, che hanno pieno valore probatorio. In alcuni casi, quando le transazioni sono tracciate, ad esempio attraverso bonifici, la quietanza liberatoria può risultare meno necessaria; tuttavia, il debitore ha sempre il diritto di richiederla per essere sicuro che il pagamento sia stato accettato e contabilizzato correttamente. La quietanza, infatti, non solo dimostra il passaggio di denaro, ma evidenzia anche la causale del versamento, eliminando ogni dubbio sul motivo per cui il pagamento è stato effettuato – un aspetto cruciale soprattutto in contesti contrattuali complessi o a lungo termine.

Per redigere una quietanza liberatoria corretta, il creditore deve riportare le informazioni essenziali: dati anagrafici, la somma ricevuta, la data del pagamento e la causale che giustifica il versamento, spesso correlata a un contratto o a un accordo specifico. Un facsimile utile può essere il seguente esempio: “Io sottoscritto, [Nome e Cognome], nato a [Luogo] e residente in [Indirizzo], titolare della ditta [Nome della Ditta], in data [Data], dichiaro di aver ricevuto dal sig. [Nome e Cognome del debitore] la somma di € [Importo] a totale soddisfazione del credito derivante dal contratto n. [Numero] del [Data]. Pertanto, dichiaro di non avere più nulla a pretendere nei confronti del sig. [Nome del debitore] in relazione al suddetto contratto.” Questa formulazione, divisa in due parti, comprende da un lato la ricevuta di pagamento, in cui viene attestato l’effettivo incasso della somma, e dall’altro la quietanza liberatoria, in cui il creditore libera il debitore da ogni ulteriore obbligo.

In sintesi, comprendere e redigere correttamente sia la ricevuta di pagamento sia la quietanza liberatoria è essenziale per garantire trasparenza e sicurezza nelle transazioni commerciali e contrattuali. Questi documenti, sebbene strettamente collegati, svolgono ruoli distinti: il primo certifica l’atto del pagamento, mentre il secondo sancisce formalmente l’estinzione del debito, proteggendo entrambe le parti da possibili controversie future. La chiarezza e la precisione nella loro redazione, supportata da un facsimile ben strutturato, rappresentano un importante strumento di tutela legale in ogni rapporto commerciale.